Basta un poco di guerra


Il ripudio della guerra è, per l’Italia, fondamento costituzionale. L’Unione europea nacque anch’essa negli stessi anni, con una motivazione simile: nelle sue forme originarie era un aggregato di Stati nazionali uniti dal valore del mercato comune, fattore di crescita e benessere da preservare anche e soprattutto da sanguinosi conflitti continentali.

Nel giro di un anno, grazie alla martellante cassa di risonanza offerta dall’informazione compiacente, siam passati dall’inviare armi difensive per permettere all’Ucraina di resistere ad una improvvisa e prorompente invasione russa… all’inviare carri armati e cacciabombardieri. Anche un perfetto idiota capisce che non è possibile continuare a descrivere questi “aiuti” come un doveroso supporto alla popolazione civile invasa, trattandosi ormai di strumenti bellici devastanti, utili soltanto a procrastinare la guerra per mesi se non anni ancora.

La soluzione diplomatica, le trattative e le offerte di mediazione sono cessate in modo repentino dalla scorsa primavera e nessuno neppure le ipotizza più come una strada possibile. Nemmeno si rammentano gli incontri consolari: ci sono solo vertici tra Capi di Stato e di Governo per ragionare di armi. L’Unione europea abbraccia felice Zelensky e gliene promette ancora, molto più potenti, perché in effetti sono questi i valori fondanti la comunità europea nella quale gli si prospetta veloce l’ingresso: l’impegno sfacciatamente bellicista! Ormai si afferma in modo schietto che gli invii di armi continueranno fino alla vittoria dell’Ucraina, e si applaude a festa tutti assieme.

Il non detto è quanto ci vorrà.

Quanti altri morti, quanti altri profughi, quanti altri fallimenti e quanti altri soldi costerà questa lenta e inevitabile conversione all’economia di guerra. I miliardi spesi nel conflitto (che non ci riguarda, come molte altri in giro per il globo e nemmeno tanto più distanti) sono risorse della collettività (leggasi: di chi paga le tasse), sottratte alla collettività (leggasi: anche a chi non le paga…) per sostenere uno sforzo bellico inutile anziché il finanziamento di sanità, ricerca, istruzione e sicurezza. Sono ingenti risorse che finiscono a poche grandi aziende che producono armamenti e che garantiscono carriere brillanti (o le allungano di qualche anno) a politici e giornalisti disposti a sostenere qualsiasi iniziativa NATO (leggasi: USA).

Perché l’Italia – che per Costituzione ripudia la guerra! – accetta di affamare il proprio popolo pur di contribuire ad alimentare un conflitto d’altri, coltivato per anni da altri ancora, senza nemmeno essere tenuta a farlo? Anche ad essere favorevoli alla NATO, l’appartenenza a tale alleanza non impone certo di intervenire, in caso di aggressione, a fianco di Paesi che non ne fanno parte, come l’Ucraina. Cosa significa davvero per noi l’Ucraina? Vale più della Libia, o della Palestina? E seriamente siamo disposti a sacrificare quel poco di servizi sociali rimasti in questo Stato in via di privatizzazione per accondiscendere agli interessi geopolitici ed economici statunitensi?

Oggi le istituzioni europee hanno promesso, con evidente sprezzo del ridicolo, armi e pace all’Ucraina: le armi ad un Paese belligerante, che peraltro sarebbe pure vietato; la pace che spetta ad un Paese candidato all’ingresso nell’Unione europea. Una contraddizione stridente, da far venir la nausea. Non sono infatti l’appartenenza comunitaria né i valori di Ventotene ad aver salvato l’Ucraina – del resto non potrebbe esservi più distante; ma, nell’attesa di ratificare il fatto compiuto, tanto vale inviare armamenti ed addestrare uomini ucraini all’uso dei carri armati occidentali, in un sussulto di atlanti-militarismo fuori tempo massimo, poi arriveranno anche i valori, occidentali.

Ricorderò con sdegno questo momento che, per quanto mi riguarda, affossa definitivamente qualsiasi speranza di costruire un’Europa unita, sociale e di pace, come era sembrato possibile ai giorni del debito comune per la ricostruzione post pandemica. È una macchia vile. Come del resto vili sono i nostri scialbi politici italiani: in primis Draghi, a lungo ed in largo magnificato, invero l’uomo giusto al posto giusto per assecondare senza batter ciglio gli interessi atlantici; ma anche la patriota Meloni, che ha liberamente scelto di difendere il solco scavato da cotanto aratro. Solco italico a danno di popolo italico, ahilei. Magra consolazione avere una sparuta rappresentanza in Parlamento che ancora tiene la barra dritta, mentre tutt’intorno imperversano distruzione ed impoverimento: non ringrazieremo mai abbastanza Giuseppe Conte, un gigante in quest’epoca buia.

Una risposta a "Basta un poco di guerra"

  1. Sono d’accordo parzialmente con quanto ho letto tra le righe della tua esposizione. Mi domando come avremmo fatto a risollevarci dalla immane catastrofe della guerra senza il sostegno americano che se da un lato ha “interessi economici” ha pure grande impiego di fondi per realizzare, appunto, gli armamenti da inviare in Ucraina e sono sicura che in questo senso potrebbe tranquillamente farne a meno. E poi da figlia di un partigiano ritengo sia più che legittimo sostenere la lotta antifascista e battersi con qualsiasi mezzo per resistere all”oppressione di chi vuole sopraffare altri esseri umani calpestandone i diritti.

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